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Mostra di Arte Classica
Cristoforo Roncalli (detto il Pomarancio) a Terno d’Isola
Un dipinto del Pomarancio a Terno d'Isola.
Fino al 15 gennaio 2012
All'altar maggiore della chiesetta dell'Annunziata a Cabanetti (Terno) fino all'inizio del XVIII secolo si trovava una preziosa pala raffigurante la Madonna col Bambino in trono e S. Giovannino tra S. Francesco e un Santo vescovo (cm 210x160), opera dichiarata di un artista di cultura manierista centro- italiana, che è stata oggetto recentemente di un complesso intervento di restauro.

A chiunque sia nota anche a grandi linee la storia della pittura bergamasca tra Cinque e Seicento non sarà sfuggita l'unicità di questa presenza, che viene a costituire un episodio di committenza molto particolare e sostanzialmente senza seguito locale.
L'artista viene correttamente identificato da un'iscrizione antica che corre sul telaio:"CHRISTOFORVS DE RONCALIS PINXIT ROMAE 1595".
Sull'altra traversa nella stessa grafia (che riproduce evidentementeun'iscrizione più antica) si trovano ulteriori informazioni:"JOAN[NES] BAB[TISTA] DE GHISLANDIS RESTAVRAVIT 1683 B[er]g[amo]/, PETRVS DEROTIS RESTAVRARE FECIE", a testimonianza di probabili gravi problemi di conservazione manifestatisi a breve distanza dalla realizzazione dell'opera.

Il Roncalli proveniva da una famiglia di origini bergamasche, dedita alla mercatura: già il padre aveva però lasciato Bergamo per trasferirsi nel Granducato di Toscana alle Pomarance, nella parte meridionale della provincia di Pisa. Dopo un apprendistato fiorentino l'artista risulta nel 1576 al lavoro per una pala commissionatagli dall'Opera del Duomo di Siena: essa raffigura la Madonna col Bambino tra Santi(Siena, Museo dell'Opera del Duomo) e rivela la sua personale riflessione sulla pittura del maggiore pittore senese della Maniera, Domenico Beccafumi.
Probabilmente già nei primi mesi del 1578 il Pomarancio si trasferisce a Roma, dopo aver eseguito la decorazione di Palazzo Sergardi Bindia Siena, dove aveva lavorato in precedenza anche il Beccafumi;probabilmente già da Roma invia una pala con Un miracolo di S. Pietro per la chiesa dei S. Apostoli di Firenze.

Prima opera romana sicura sono due affreschi del 1582-83 nella volta sotto il coro dell'Oratorio della Confraternita del Crocifisso in San Marcello, dove erano al lavoro nello stesso torno di tempo Cesare Nebbia e Niccolò Circignani, due campioni del tardo manierismo romano.
Da questo momento si seguono le tracce della sua produzione come frescante (ancora in S. Marcello, nella Sala Vecchia del palazzo di Montecavallo, 1583-85; in due cappelle nella chiesa di S. Maria all'Ara Coeli; nella cappella Ruccellai dell'Oratorio di S. Giovanni Decollato, fondato dai fiorentini residenti a Roma), con uno stile che dai modi della Maniera toscana si aggiorna sulla pittura dei fratelli Zuccari e di Federico Barocci,non senza una riflessione sul classicismo di Raffaello.

Dal 1588 l'artista risulta iscritto all'Accademia di S. Luca e ne diviene Sindaco nel 1593. Ottiene tra 1596 e 1598 la commissione dell'importante ciclo di tele con le Storie di S. Filippo Neri per l'Oratorio della Vallicella a Roma, dove tenta un confronto poco felice con la pittura caravaggesca; negli stessi anni partecipa con una scena (il Battesimo di Costantino) al ciclo in S. Giovanni in Laterano, eseguito sotto la direzione del Cavalier d'Arpino, che era il pittore di assoluta fiducia del Pontefice. Nel 1598 esegue l'Orazione dell'orto per il ciclo nella sacrestia nuova della Certosa di Pavia.
Grazie ai suoi contatti curiali dal 1599 al 1606 lavora in Vaticano, dove esegue un dipinto (oggi perduto) per il ciborio dell'altare dei SS. Pietro e Andrea e i cartoni permosaici nella cappella Clementina. Sovrintende ai lavori in Palazzo Mattei.
Nel 1605 ottiene la prestigiosa commissione degli affreschi della Sacrestia nuova (Sala del tesoro) della Santa Casa a Loreto. Durante questi lavori incontra il marchese Vincenzo Giustiniani (noto protettore di Caravaggio),che era in procinto di intraprendere un viaggio di cinque mesi nel nord Europa, e lo segue dapprima solo fino ad Ancona (marzo 1606), poi a Venezia (da dove avrebbe dovuto rientrare a Loreto), per poi proseguire fino a Bolzano, Augusta, arrivando addirittura a Londra e Parigi: possiamo seguire le tappe del viaggio grazie alla cronaca che ne stilò Bernardo Bizoni e all'album di schizzi dello stesso Roncalli. Rientrato a Loreto si dedica finalmente alla realizzazione delle Storie di Maria per la Sala del tesoro, dove sperimenta una gamma cromatica particolarmente raffinata; e quindi agli affreschi della cupola della basilica con l'Incoronazione della Vergine (1609-1615),oggi purtroppo perduti.I suoi rapporti con la bergamasca si limitano all'invio di alcune pale eseguite a Roma: la più nota è la Madonna del rosario tra i SS. Domenico e Caterina da Siena, con i 15 Misteri del Rosario della parrocchiale di Carvico, anch'essa firmata sul retro e datata 1595-7,come si è verificato nel corso del restauro del 1984.La pala, di dimensioni piuttosto contenute (213x170,5 cm), raffigura al centro la Madonna e il Bambino che offrono il rosario ai SS. Domenico e Caterina affiancati rispettivamente da un gruppo di devoti e devote e in alto due angeli in volo, che offrono corone del rosario.
Lo stile, caratterizzato da una grande raffinatezza nei passaggi cromatici ed una notevole forza plastica, tradisce l'aggiornamento dell'artista sulla Maniera senese e fiorentina (Ventura Salimbeni,Pontormo, Bronzino). A questa si aggiunge ora l'inedita pala dell'oratorio di Cabanetti qui in discussione.

Accurate ricerche nell'Archivio della Curia di Bergamo sono riuscite a gettare nuova luce sulla presenza di queste due opere del Pomarancio nell'Isola bergamasca. Nella Visita pastorale del 1603 del vescovo Giovan Battista Milani alla parrocchia di S. Egidio di Fontanella, alla quale all'epoca la chiesa della "Nunziata" apparteneva, si trova la notizia che la chiesa è stata "fabbricata da Messer Giovanni Bana sotto l'invocazione della annunciata, et è aggregata à S. Giovanni Laterano" a Roma.Si trattava quindi di una cappella privata fatta erigere entro l'aprile del 1595 dalla famiglia Bana, che aveva il diritto di eleggere i due Sindaci e che ne tenne la proprietàfino al 1690, come le ricerche di Sergio Limonta hanno dimostrato.
Lo studioso ricorda la presenza nell'Archivio parrocchiale di un breve papale purtroppo scomparso con l'"aggregazione delle indulgenze di S. Giovanni Laterano di Roma".
Il fatto che proprio in quegli anni(1596-98) il Pomarancio fosse impegnato a Roma nel cantiere di S. Giovanni in Laterano è evidentemente alla base della commissione della pala destinata alla chiesetta bergamasca. Quando però è stata aggregata alla basilica lateranense?

Lasciamo per il momento il quesito in sospeso, poiché in assenza della bolla pontificia non abbiamo assolutamente la certezza che venne concessa in occasione dell'anno giubilare 1600.
Il fatto che la stessa data 1595 insieme al nome del Pomarancio ricorrano anche sul retro della pala della parrocchiale di Carvico solleva a mio parere più di un dubbio su questa ipotesi. Analizziamo ancora una volta i documenti conservati presso l'Archivio della Curia di Bergamo e in particolare il fascicolo relativo alle Confraternite, poiché la pala evidentemente ornava l'altare della confraternita del Rosario. Qui troviamo un breve datato 13 aprile 1596 nel quarto anno del Pontificato di Clemente VIII con la concessione dell'assoluzione pontificale alle comunità di Carvico e Sotto il Monte, che ne avevano fatto richiesta, poiché i loro campi erano tormentati da anni da grandini, tempeste inondazioni e rovine, a loro giudizio frutto di una scomunica o maledizione in cui erano incorsi senza saperlo loro stessi o i loro antenati.

Vista la straordinaria coincidenza di date è facile pensare che la richiesta dell'assoluzione sia andata in parallelo con la commissione di un dipinto votivo, da parte della Confraternita del Rosario, ad un artista che godeva del favore papale.

Quanto allo stile della pala di Cabanetti, l'attribuzione al Roncalli aveva suscitato finora notevole scetticismo, anche a causa di due interventi di restauro piuttosto significativi che il dipinto aveva subito, che avevano portato a notevoli manomissioni, soprattutto nella figura di Maria. Tuttavia dopo l'accuratissimo restauro a cui è stata sottoposta, che ha comportato non poche difficoltà tecniche, si può dire che la pittura originale, per quanto in alcune parti molto compromessa, è stata completamente recuperata nei suoi delicatissimi passaggi chiaroscurali e nelle sue raffinatezze cromatiche (si veda in particolare la figura del santo vescovo), così che ora è possibile confermarne la piena autografia.

Laura Paola Gnaccolini
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