nuove incursioni urbane
Art Together Now 2024
Giunto alla sua quarta edizione, Art Together Now è un progetto culturale di animazione urbana che coinvolge adolescenti e giovani degli oratori della città in un processo di co-creazione artistica verso la Festa di Sant’Alessandro.
L’incontro artistico tra Geometric Bang e i ragazzi di Valtesse San Colombano e Monterosso si è concretizzato in numerosi cammini, nuove incursioni urbane tra le vie del centro, su sentieri che attraversano i quartieri, in un percorso tra centro e periferia, tra città reale e desiderata.
Come tante narrazioni visive, i ragazzi e le ragazze hanno condiviso storie di quotidianità e sogni di una vita A PASSO D’UOMO.
Durante i laboratori, artista e ragazzi hanno progettato le grandi opere tessili esposte nel salone dell'Ex Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Bergamo. Una seconda fase del lavoro è stata condivisa anche con le e alle donne di Casa Samaria (di seguito un approfondimento sul progetto di misura alternativa al carcere)
Insieme allo street artist Geometric Bangsono stati realizzati 11 stendardi: come gli antichi vessilli che ornavano le sale dei castelli narravano le gesta degli eroi, le grandi bandiere esposte, raccontano la città vissuta a passo d’uomo.
DATE E ORARI SPECIALE SANT'ALESSANDRO 2024
da venerdì 23 a lunedì 26 agosto
ven-sab h 16-21 / dom-lun h 10-13, 16-20
Progetto realizzato con il contributo del Comune di Bergamo-Assessorato alla Cultura.
Ingresso libero
La mostra si trova all'Ex Ateneo di Città Alta
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L'articolo di Silvia ospite di Casa Samaria
Mi hanno chiesto quanto siano importanti i progetti culturali nel contesto di una comunità, come la nostra, di donne in misura alternativa al carcere o nelle carceri stesse. Durante il mio percorso in comunità siamo state coinvolte in differente attività e progetti culturali. Sono venuti diversi gruppi di giovani studenti e studentesse per conoscere la nostra realtà. Con loro abbiamo condiviso la nostra esperienza dentro e fuori dal carcere e abbiamo spiegato cosa si prova a condividere tempo, luoghi e spazi in una comunità, quali sono gli errori che ci hanno portato alla cella di una prigione e quali sono le strade che poi si sono aperte davanti a noi. Avere la possibilità di raccontare il nostro vissuto, senza aver bisogno
di dispensare consigli, ma raccontando e condividendo ha permesso di accendere una lucina d’allarme nelle teste dei ragazzi sulle situazioni, gli sbagli e le persone a cui fare attenzione. A nostra volta è stato fondamentale avere la possibilità di conoscere gli adolescenti di oggi, i loro progetti e desideri per il futuro, quali sono i loro hobby, le loro
passioni ecc…
A volte li guardo e mi rendo conto di come, alla loro età, ero esattamente come loro: spensierata, con le idee non ancora molto chiare sul futuro, con la voglia di divertirsi e di approfittare della vita, ma anche a quanto basta poco perché questa ti sfugga di mano.A volte è necessario un attimo per commettere l’irreparabile. Sbagli dovuti all’incoscienza, a errori di valutazione dove senza neanche accorgersi si percorre una strada sbagliata che porta a pagare caro anche tutta la vita. Penso che sia importante la prevenzione data dalla condivisione e dalla conoscenza per non fermarsi allo stereotipo detenuto/a, tatuato, con un linguaggio ricco di parolacce, che non ha studiato, ignorante… per capire che non è sempre così, perché in carcere si trova di tutto. Ci sono persone plurilaureate, persone con attività e aziende che dall’alto sono state catapultate in basso perché non si finisce in carcere solo perché si ammazza o si ruba, ma per tanti altri diversi motivi e che può capitare veramente a tutti. Siamo persone istruite con il nostro bagaglio personale e culturale. Con passatempi
normali come la lettura o l’uncinetto, non siamo “strane” come si può pensare, siamo disponibili, semplici, alla mano. Mi ha stupito la frase di una giovane ragazza diciottenne che viene a fare alternanza scuola lavoro qui a Casa Samaria. Quando le abbiamo chiesto “Che tipo ti raazze/donne ti immaginavi di trovare qui?” lei ha risposto: “Non immaginavo di
trovarvi così, serene ma soprattutto sobrie”. Sobrie perché molto lontano dall’idea di detenuto con i capelli rasati e i piercing che normalmente si ha. Sì, ci sono anche quelli, ma non c’è assolutamente niente di male.
Un’altra iniziativa culturale che mi viene in mente e in cui abbiamo messo in pratica le nostre competenze apprese nel laboratorio di sartoria della comunità, è stata quella con i ragazzi dell’Istituto Caniana. Abbiamo lavorato fianco a fianco, condividendo lo stesso tavolo, imbastendo, cucendo pieghe ad una gonna. Un lavoro che pensavo facile, ma che è stato
un’Odissea da disfare e rifare mille volte… non mi dimenticherò mai di quella gonna a pois, mai avrei pensato di essere in grado di completare un cartamodello, di tagliare un pantalone rispettando il dritto filo, le righe della stoffa, la pazienza e la gentilezza degli insegnanti nello spiegare e la loro capacità di farci apprendere. L’educazione e la sensibilità dei ragazzi che si sono confrontanti e talvolta esposti con noi, è stata sincera. E’ vero che tutti indossiamo una maschera in cui sfoggiamo un sorriso per nascondere i nostri dolori e le nostre sofferenze, ma a volte è difficile anche indossarla, ci sono i giorni no dove l’insofferenza, la tristezza e la fatica per quello che abbiamo passato e stiamo vivendo traspare dal nostro
viso e dai nostri occhi, ma viene spesso compensata dalla gentilezza non invadente degli studenti che riescono a portare una brezza di aria fresca nella nostra routine comunitaria che a volte può essere un po’ monotona.Insieme abbiamo realizzato dieci abiti che poi sono serviti per partecipare ad una sfilata, in una località artisticamente bellissima: il Monastero di Astino, dove il tema era la bellezza.
Qui ha partecipato una nostra volontaria, uno dei “migliori acquisti” di Casa Samaria, che ha presentato il suo progetto che, insieme ad altri, è stato scelto per questa sfilata che è stata preceduta da una mostra fotografica in bianco e nero realizzata con alcune delle ospiti che hanno abitato Casa Samaria prima di noi. Alla sfilata hanno partecipato diverse realtà: donne vittime di violenza, ragazze con disabilità, noi e una giovane che presentava al pubblico la sua collezione.
Insomma, diversi universi che si incontrano sotto lo stesso tema: la bellezza. Perché non c’è niente di più bello della bellezza collaterale, perché la bellezza c’è e si può trovare ovunque. Tanti altri progetti culturali ho vissuto: sono stati coinvolti per un pomeriggio a settimana dei ragazzi che studiano alla Bilingual British School, super simpatici e preparati, con cui abbiamo valutato il nostro livello di inglese e abbiamo cominciato a rivedere le nostre conoscenze scolari o approfondire, ricominciare a usare una lingua straniera perché durante la lezione l’unico obbligo era di utilizzare l’inglese.
Per me è sempre stato un sogno imparare l’inglese, capire i testi delle canzoni e poter avere una discussione, ma lo ritenevo difficilissimo. Pensavo non ci sarei mai riuscita e invece, in poco tempo, il mio inglese è migliorato tantissimo, riuscivo a comprendere interi podcast, il senso del discorso e rispondere alle domande. La cosa più importante è che ho capito che con un po’ di impegno e di voglia, si possono realizzare piccoli desideri e che le cose non sono poi così difficili o lontane, ma molto più semplici di quello che sembrano, basta provarci! Noi in cambio abbiamo dato agli studenti delle lezioni di approfondimento su schemi e tattiche dello scopone scientifico, come potevano barare con gesti o occhiolini vari, prendere in giro i perdenti e potendoci “arrabbiare”, ma questa volta in italiano. Non solo l’inglese, ma aderiamo a corsi di italiano per le ospiti straniere e questa cosa delle lingue ci è un po’ sfuggita di mano. E’ partito un corso di arabo per la nostra educatrice Giulia che si è messa in testa di impararlo la ragazza irachena ospite si è messa in testa di insegnarglielo. Ogni mercoledì sera saltava fuori questo quadernino rosa pieno di parole, numeri, frasi e disegni raffigurati di ciò che veniva studiato. La differenza culturale diventa un valore aggiunto che ci arricchisce in una relazione reciproca che non corre solo lungo la direzione maestra-alunna, educatrice-ospite, ma anche viceversa.
Il carcere e la comunità sono ricchi di persone che si sono laureate lì, che hanno proseguito il loro percorsi di studi precedentemente interrotto o che hanno frequentato scuole di formazioni professionale instaurando anche un percorso di fiducia con i volontari che non hanno alcun timore di lasciare loro le chiavi della propria casa perché possano prendersene cura attraverso pulizie, riordino o aiuto con la spesa.
Adesso stiamo lavorando ad un progetto con la Fondazione Bernareggi che ci ha portato il modello di una bandiera, ideato da un artista, suddivisa in pezzi e pezzetti geometrici che, con tanta pazienza, un’ospite della comunità già sarta e tappezziera esperta, ha tagliato e cucito formando un robot. Quando ci hanno spiegato il progetto ci hanno detto che il tema era “Camminare e vivere la città” anche attraverso la tecnologia che con il passaggio alla nuova epoca ha influenzato la nostra vita e il modo di stare in città, ma ha mantenuto in noi la speranza di non diventare troppo robot un po’ asettici e privi di sentimenti.
Per concludere, i progetti culturali, sono importantissimi in realtà come le nostre e per ragazze che hanno il nostro stesso vissuto, per aprirsi a nuovi ed ampi orizzonti avendo la possibilità di vivere a pieno ciò che la città ci offre e le sue idee e sfaccettature: dal corso di fotografia a quello di ceramica, il corso di lingua, le escursioni insieme, le visite guidate, le mostre, i musei, i concerti... La vita non si limita alla strada o semplicemente a casa-lavoro o casa-bar-lavoro,ma ci sono mille opportunità interessanti da scoprire e il tempo si può occupare in maniera stimolante e produttiva e la città si può vivere a 360° capendone ogni dettaglio, il suo retaggio culturale di prima e di oggi, conoscendo i suoi artisti, le idee, la musica e i progetti perché ci sono cose che vale la pena conoscere. Perché la cultura non è solo utile, ma
anche divertente.
Silvia - ospite di Casa Samaria