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Eutifrone : il giocatore segreto
7/11 maggio 2012, Museo Bernareggi (Bergamo)
European Association for Theatre Culture
Koïnè – Langages Transartistiques

presentano :

EUTIFRONE : IL GIOCATORE SEGRETO
PLATONE – MAGRITTE


Regia
Giampaolo GOTTI

Con
Benoît Felix-Lombard
Thomas Fitterer
Sara Rainis

Dialogo integrale
Durata 1 ora

PLATONE : UN PARADOSSO
Platone, ecco un personaggio paradossale.
Nelle sue opere condanna la scrittura: come risultato abbiamo che le sue opere si sono salvate quasi integralmente, rispetto al naufragio della maggior parte dei testi antichi.
Ancora un paradosso: Platone detestava il teatro. Nella Repubblica lo mette al bando dalla sua città ideale, come imitazione d’una imitazione e quindi allontanamento dalla verità. E tuttavia la sua opera è scritta essenzialmente sotto forma di dialoghi, forma che mantiene una certa oralità e teatralità. Addirittura si pensa che tali dialoghi fossero esercizi della sua scuola, l’Accademia, nei quali egli stesso avrebbe assunto il ruolo di Socrate. Come dire che la filosofia non si fa in monologhi o trattati, ma che si costruisce fra due interlocutori, opposti da un conflitto su uno stesso oggetto e orientati verso una comune ricerca.

IL DIALOGO PLATONICO
Gli interlocutori di Socrate sono anzitutto i sofisti e altri personaggi celebri e specialisti nel loro campo (la saggezza, la parola, la giustizia, il coraggio, la bellezza, la santità…) e tutti sono sedotti dalla sua abilità argomentativa.
Socrate appare come un cacciatore di verità : insegue il suo interlocutore, scova le sue contraddizioni, sembra perdersi insieme a lui e lo conduce spesso ad una via senza uscita (aporia) che appare assurda e ridicola. In questo modo i dialoghi falliscono in apparenza, nell’intento di definire l’oggetto della loro ricerca. Tuttavia essi aprono sempre un’immagine inattesa di questo oggetto, opposta al senso comune. Ma che razza di sapere è mai questo che non insegna nulla in positivo? Che diavolo di filosofia è questa che si confonde con l’ignoranza?
L’effetto di paralisi che produce la verità passa, in effetti, per Socrate attraverso una via negativa: disfarsi anzitutto di ciò che si crede di sapere.
Il vicolo ceco diviene allora un vantaggio per l’incontro con la verità: l’anima si libera delle false certezze. Non è forse questo anche un metodo di lavoro per l’attore e per il regista? Non fidarsi troppo di ciò che si crede di conoscere, liberarsi dalle illusioni verosimili?
Queste domande sono anche quelle che pone il teatro. Come costruire un dialogo su una opposizione concettuale fra due visioni del mondo: una visione filosofica e una visione mondana? Come trovare l’accordo nel conflitto? Come giocare con dei concetti, delle idee in azione e in immagine? Come improvvisare sugli esempi offerti dal testo? Come costruire insieme le trappole per giungere, l‘un contro l‘altro, allo stesso evento finale: lo svelarsi di una verità paradossale?

EUTIFRONE: INDAGINE SULLA SANTITA’
Il dialogo Eutifrone pone la questione di che cosa è la religione nei fatti e di cosa sarebbe la vera santità. Per rispondervi Platone esamina il rapporto tra religione e giustizia.
Le prime parole del dialogo situano Eutifrone e Socrate poco prima dell’apertura del processo che si concluderà con la condanna del filosofo per empietà e corruzione della gioventù. Un tale scandalo conduce Platone, allievo di Socrate, a interrogarsi sulle ragioni che hanno condotto a tali accuse contro l’uomo che gli sembra essere il più scrupoloso nei riguardi della giustizia e della santità.
Se nessuna arringa è in misura di salvare il giusto, questo si verifica perché essa è della stessa natura dell’accusa che si porta contro di lui: è la situazione giudiziaria che non permette né la verità né la vera giustizia.
Il discorso retorico mira infatti a piacere e a convincere, si fonda sulla passione e non sulla verità e l’oggettività.
La sola difesa del giusto non può essere che la filosofia, poiché egli è giusto di fronte alla verità. E’ per questo che Platone pone simbolicamente questo dialogo sulle gradinate del Palazzo di Giustizia. Questa situazione ricorda che la questione dibattuta è la causa della condanna a morte di Socrate, ma sottolinea anche che ci si trova al di fuori della situazione giudiziaria, che si puo’ dunque ripensare e cercare la verità sulla santità.

LAICITA’ IN DIALOGO
La presenza dell’indovino Eutifrone fa di questo dialogo un modello di relazioni tra il filosofo e il prete, il pensatore e lo specialista del sacro.
Ci sarà forse fra loro il sentimento condiviso d’essere al contempo socialmente a parte e d’interessarsi fondamentalmente alle stesse cose, ma in modo diverso? Carattere religioso della filosofia o natura filosofica
della religione? Ma l’incapacità del dialogo di concludere e l’opposizione dei comportamenti di Eutifrone e di Socrate non corrispondono forse a ciò che ciascuno, sia il prete che il filosofo, rimprovera all’altro? Fraternità e rivalità. Non sono forse troppo vicini perché il loro conflitto non sia violento? L’apparente assenza di conclusione di questo dialogo ci rinvia a una dimensione di oralità dialettica. Siamo invitati a non usare Eutifrone come un testo scritto per essere letto in modo individuale. Esso ci offre la possibilità di rimettere in discussione il problema della santità e della giustizia in modo collettivo, di meditarci e di rifletterci insieme.

MAGRITTE: LA POESIA VISIBILE
«La descrizione del pensiero ispirato permette l’avvento della poesia visibile», ecco una sintesi dell’arte di Magritte. Nella sua pittura tutto è offerto: gli oggetti, i colori, i personaggi, gli elementi naturali… tutto è visibile e leggibile. Tuttavia il senso appare nascosto, segreto, come i titoli dei suoi quadri. Di fronte ad essi siamo quindi partiti accettando l’enigma come domanda dinamica di senso, poiché il pittore stesso afferma che « queste figure hanno senso solo per l’immaginazione ». Di fronte agli elementi sparsi dei suoi quadri, la nostra immaginazione è stata costretta a cercare una pista, cioè a partire dalle composizioni degli elementi presenti nei suoi quadri abbiamo dovuto costruire una nostra composizione in tre dimensioni.
La linea visuale che abbiamo voluto tracciare è nata in un primo tempo da Il giocatore segreto ( quadro del 1927) per investire poi altre pitture. Ma questo aspetto registico, che accompagna il dialogo in parallelo o in contrappunto, non vuole raccontare la storia dell’immagine, né narrarne la genesi. Abbiamo piuttosto messo in prospettiva i loro elementi, in conflitto fra loro e nel loro insieme. Cio’ che l’immagine mette in gioco nel pensiero, noi vogliamo provare a giocarlo nello spazio. In tal modo, a partire dai quadri di Magritte, non è tanto una storia che si vuole raccontare, ma piuttosto la creazione di un nuovo testo scenico. Infatti il lavoro su queste immagini non ha uno scopo a sé stante, come sarebbe l’illustrazione di quadri viventi, ma piuttosto l’incontro con il dialogo platonico, quest’ultimo esso stesso, come gli elementi di Magritte, composto in parti, nodi, eventi, di esempi e centrato su un enigma, su un‘idea paradossale.
In conclusione, Magritte diviene lo scenografo di Platone, e il mio intervento di regista punta a mettere in gioco l’immagine e il dialogo e, attraverso la creatività dei miei attori, orchestrarne il misterioso incontro. Durante le prove, abbiamo cercato di «evocare il mistero», come Magritte definisce la sua pittura, che per noi consiste nel giocare l’uno nell’altro il dialogo e l’immagine, al fine di ottenere in tal modo una «poesia visibile».

GIOCO E RAPPORTO COL PUBBLICO
La partecipazione del pubblico è un elemento importante in questo tipo di ricerca. Appena il dialogo lo permette, e senza perderne l’oggetto principale, gli attori non esitano a coinvolgere direttamente il pubblico, trascinando gli spettatori ciascuno sulle proprie posizioni. Il pubblico viene suddiviso in due gruppi, in modo assolutamente arbitrario, addirittura prima dell’inizio dello spettacolo : la parte di Eutifrone e la parte di Socrate.
In seguito la loro partecipazione rimarrà molto attiva : saranno trascinati in giochi e interazioni complici e improvvisate con gli attori, che a loro volta svilupperanno una recitazione ludica, talvolta clownesca, ironizzando sulla situazione giudiziaria e sulle relazioni persecutore-perseguitato. Il risultato è una logica stringente e paradossale che conduce all’impasse, in cui lo spettatore si trova anche lui smarrito riguardo alle sue certezze.
In conclusione, questo spettacolo conduce lo spettatore a una riflessione personale e collettiva sull’essenza del contenuto filosofico, con esigenza e rigore, ma anche con distanza e insolenza, affinché venga superata la logica razionale e un’apertura dell’emozione procuri una vera eccitazione dello spirito. Gli attori devono essere continuamente attenti a trovare la giusta alternanza fra la precisione dovuta ai concetti e alle parole, l’improvvisazione fra loro e col pubblico, la rotta e la prospettiva del dialogo la cui dinamica deve portare a un vero evento collettivo.

L’EQUIPE
Giampaolo Gotti (regista)
E’ regista, insegnante, teorico e traduttore di teatro. Come attore collabora in Italia con registi quali G. Borgia, P. Kleinert, V. Manfré, V. Signorile… partecipando in seguito a un Collettivo di cui finisce per essere il regista lavorando creazioni originali o su autori quali Baricco, De Filippo, Duerrenmatt, Ionesco, Lorca, Ronfani, Schwarz… Nel 2000 incontra Jurij Alschitz e ottiene sotto la sua direzione il Master dell’Accademia russa GITIS (programma internazionale EATC). Con Alschitz egli instaura una collaborazione a lungo termine intervenendo come regista e insegnante su diverse iniziative in Italia, Francia, Svezia, Germania e Russia.
Si trasferisce in Francia nel 2004 dove collabora con Anatoli Vassiliev e segue come stagista invitato la sua formazione alla regia presso l’ENSATT di Lione . In questo periodo egli forma gli allievi attori di questa stessa scuola concentrandosi nello sviluppo della loro creatività.
In parallelo prosegue le sue regie : Sisters, dalle Tre sorelle di Cechov, sostenuto dall’ITI-UNESCO e dal programma Cultura (Akt-Zent, Berlino, 2006), Diables-Diavoli-Devils, progetto internazionale : tre anni, tre compagnie, tre paesi, tre lingue, da I demoni di Dostoevskij, (ENSATT, Lione, giugno 2007 ; MC93, Bobigny, febbraio 2010 ; Teatro Era, Pontedera, aprile 2010).
Recentemente si applica in un lungo lavoro sul dialogo Eutifrone di Platone che crea in due versioni, francese e italiana (Festival in di Avignone, luglio 2008 ; Festival The art of dialog, San Miniato, maggio 2010 ; Festival della Cultura, Cesena, ottobre 2010).
Mette in scena in prima nazionale L’Hamblette di Giovanni Testori nel testo francese di Jean-Paul Manganaro (Festival Face à face, Lione, ottobre 2010 ; Théâtre de l’Opprimé e Gare au Théâtre, Parigi, 2011).
In parallelo fonda Koïnè-Langages transartistiques, membro della rete internazionale European Association for Theatre Culture (di cui è coordinatore pedagogico). E’ dottorante all’università di Paris X Nanterre (dir. Jean-Louis Besson), e ha diretto il n. 182 della rivista Théâtre/Publc, Anatoli Vassiliev : Tradition, Pédagogie, Utopie.
Possiede il Diploma di Stato per l’insegnamento del teatro e è membro di SCRIPT, Centro di Ricerca dell’Università di Evry e interviene quale specialista della drammaturgia contemporanea italianaal Colloquue International Théâtre Contemporain Orient-Occident (théâtre de l’Agora, avril 2011). Traduce dall’italiano Tre lai (2008) e Macbetto (2009) di Giovanni Testori ricevendo per quest’ultimo la borsa Maison Antoine Vitez. Fa attualmente parte dell’équipe pedagogica dell’ENSATT (Ecole Nationale Supèrieure des Arts et Téchniques du Théâtre) di Lione e interviene nel dipartimento Attori.

Benoît Felix-Lombard (attore)
E’ diplomato dell’ ESAD (Ecole Supérieure d’Art Dramatique) di Parigi diretta da Jean-Claude Cotillard, dove lavora fra gli altri con Nicolas Bouchaud, Michel Didym, Christophe Patty e Eric Frey. Lavora alla Comédie Française (regia di Jean-Louis Hourdin), alla MC 93 (regia di Sylvia Bagli), a Théâtre Ouvert (regia di Sophie Loucachevski), Théâtre 13 (regia di Renaud Boutin).
Recntemente ha presentato sotto la direzione di Giampaolo Gotti l’Euthyphron de Platon (San Miniato, Cesena) et Les démons de Dostoïevski (MC93). Co-fondatore del Collettivo Le Foyer. Partecipa alla creazione de L’Hamblette de Testori dans la traduction de J-P Manganaro (creazione ai Célestins di Lione, poi Théâtre de l’Opprimé a Parigi).

Thomas Fitterer (attore)
Diplomato dell’ENSATT (Ecole Nationale Superieure des Arts et Téchniques du Théâtre) lavora con Bernard Sobel, Christian Schiaretti e Alain Françon. In seguito lavora al TNP (Théâtre National Populaire) di Villeurbanne in La fable
du fils substitué di Pirandello (regia di Nada Strancar). Nel 2011, sotto la direzione di Giampaolo Gotti, partecipa alla creazione francese de L’Hamblette di Giovanni Testori nel doppio ruolo di Polone e Laerte. E’ attualmente membro della compagnia La Nouvelle Fabrique in seno alla quale prende parte a vari progetti.

Sara Rainis (attrice)
Diplomata all’Accademia d’Arte drammatica Nico Pepe sotto la direzione di Claudio De Maglio. Studia con Jurij Alschitz,Francois Kahn,Giuliano Bonanni, Maurizio Schmidt, Marco Sgrosso, Andrea Collavino, Claudio De Maglio,
Pierre Byland,Massimo Navone, Arturo Cirillo. Michele Abbondanza.
Professionalmente lavora nel Decameron per la regia di Maurizio Schmidt ed Elisabetta Vergani; in Nozze di sangue di G. Lorca - regia: M. Sgrosso; nel Macbeth, una terribile passione regia di Claudio De Maglio, ne Il Gobbo di Rialto, spettacolo di Commedia dell’Arte con la compagnia Venezia in scena; in Portare di Carlo Tolazzi per la regia di Giuliano Bonanni; in Eutifrone regia di Giampaolo Gotti.
E’ insegnante di Teatro presso l’accademia sperimentale dello spettacolo in Carnia e co-fondatrice della compagnia teatro-musicale “dei Folli”; vive e lavora in Italia e in Francia.