Antica Cattedrale

L’antica Cattedrale: un viaggio nelle fondamenta della Chiesa di Bergamo

Nel cuore della città alta, proprio sotto l’attuale Cattedrale di Sant’Alessandro, lo scavo archeologico dell’Antica Cattedrale accompagna in un affascinante viaggio alle origini di questo luogo sacro, profondamente legato alla storia della Chiesa di Bergamo.
Il percorso si sviluppa tra i suggestivi resti archeologici emersi durante una campagna di scavi condotta tra il 2004 e il 2012. Grazie a queste scoperte, oggi è possibile camminare tra le tracce di un antico quartiere romano – con botteghe, domus decorate e una strada commerciale – e scoprire come, nel corso dei secoli, questo spazio si sia trasformato in un importante centro di culto.
Nel V secolo fu costruita qui la prima cattedrale cristiana di Bergamo, dedicata a San Vincenzo martire. Un edificio maestoso – lungo 45 metri e largo 24 – che per secoli ha rappresentato il cuore religioso della città. Le sue fondamenta coincidono in gran parte con quelle della chiesa attuale, a eccezione dell’area del presbiterio, permettendo ai visitatori di percepire chiaramente la continuità – simbolica e materiale – tra passato e presente.
Cuore dell’Antica Cattedrale è l’iconostasi dipinta, una struttura muraria che separava la navata principale dallo spazio dell’altare. Fu realizzata in età medievale su una precedente struttura paleocristiana nel quadro del progetto di creazione di un grande complesso episcopale. Nella porzione sovravvissuta è raffigurata la “Madonna con il Bambino e la madre Sant’Anna”, la cosiddetta “Sant’Anna Metterza”, affiancata a sinistra da San Giovanni Battista e a destra da San Pietro, San Bartolomeo e Santa Caterina d’Alessandria, mentre sui pilastrini sono dipinte le figurine di un donatore e di una donatrice inginocchiati in preghiera.
La visita termina nelle sale che ospitano il Tesoro del Duomo, una collezione di preziosi oggetti liturgici e opere d’arte, testimonianza della ricchezza spirituale e culturale che ha attraversato i secoli. Argenti, paramenti, reliquiari e altri capolavori raccontano con forza e bellezza la fede di una comunità e la storia viva di una cattedrale che continua ancora oggi a essere simbolo e guida.

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L'iconostasi dipinta

Sfumature di rosso, ocra e azzurro catturano l’attenzione del visitatore che si trova di fronte ai sorprendenti affreschi dell’iconostasi, risalenti al XIII secolo. Costruita come parete di separazione tra il luogo della celebrazione eucaristica e il resto dello spazio nelle chiese paleocristiane, aveva la funzione di preservare la sacralità del rito, celandolo alla vista ai fedeli. 

Decorata a tinte vivaci che risaltano col bianco del marmo delle transenne paleocristiane appartenenti a una fase più antica della chiesa, l’iconostasi è decorata da una la teoria di Santi composta da diversi personaggi: prima fra tutti un’inusuale Sant’Anna Metterza, il cui nome, crasi tra le parole messa e terza, ne indica la collocazione in terza posizione rispetto alle figure dinnanzi a lei. Ella si trova infatti alle spalle di Maria e allunga il braccio sinistro verso Gesù Bambino in braccio alla Madre, in un gesto che mostra lo stretto legame familiare. Presenta un fiore bianco, allusione all’Immacolata Concezione della Vergine, così come le luminose stelle sulla veste della Madonna ne simboleggiano la verginità. Seduto in grembo alla Madre, Gesù Bambino volge lo sguardo e la mano destra benedicente verso l’arcata accanto, da dove pare avvicinarsi Giovanni Battista, vestito di pelli e con in mano un cartiglio su cui compare il celebre passo 1,23 ricordato nell’episodio del Vangelo di Giovanni: “ego vox clamantis in deserto” (io sono una voce che grida nel deserto). Altri Santi partecipano alla composizione: san Pietro, canuto, appare con le chiavi in mano; San Bartolomeo è raffigurato con un coltello, simbolo del suo martirio; infine, Santa Caterina d’Alessandria veste i panni di una giovane elegante, probabilmente coronata, sebbene il suo volto non sia più visibile: alcune delle lettere dei loro nomi, che rimangono leggibili al di sopra delle loro teste, permettendo di identificarli con certezza. Arricchiscono la decorazione anche due crocifissioni: la prima, sopravvissuta solo nella parte bassa, si trova sopra l’arco di sant’Anna Metterza e presenta uno stile pittorico diverso, dal gusto vagamente gotico e nordico, sottolineato dai contorni più marcati e dalle tinte più decise. L’altra, posta tra l’arco con san Giovanni Battista e quello con sant’Anna Metterza, è sicuramente posteriore: è attribuita al Maestro dell’albero della vita, attivo presso la Basilica di Santa Maria Maggiore alla metà del ‘300. Probabilmente questa nuova immagine affrescata proseguiva fino alla base dell’iconostasi e il frammento che mostra la Vergine e San Giovanni in preghiera sotto la Croce, rinvenuto durante gli scavi e conservato in Museo, si sovrapponeva a una delle due figure rappresentate in preghiera ai lati di sant’Anna Metterza. Secondo un’ipotesi, il misterioso personaggio di cui appaiono il viso a occhi chiusi e le mani giunte, in posizione orizzontale al di sotto della Vergine e di San Giovanni, corrisponderebbe al vescovo Bernardo Tricardo che, presente a Bergamo quando l’orribile peste nera del 1348 flagellò l’intera Europa, commissionò tale opera come ringraziamento per esserne sopravvissuto.

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I confratelli della misericordia

Quattro figure maschili, vestite e acconciate con eleganza, accolgono il visitatore lungo il percorso di visita. Sono parte di un affresco portato alla luce durante gli scavi dell’inizio del Novecento promossi per costruire la cripta dei vescovi. I quattro uomini facevano parte della Congregazione della Misericordia Maggiore (MIA), confraternita laicale fondata nel 1265 dal vescovo Erbordo e da Pindemonte da Brembate. La scena riprende uno degli impegni maggiori della Congregazione: l’elemosina dei poveri. Nell’affresco un bisognoso accetta il pane e il vino a lui offerti da due confratelli con cappelli e vesti non cinte ( i cosiddetti “canepari”), seguiti da due uomini con un sacco di pane e una fiasca di vino. Per il povero, di dimensioni inferiori  rispetto agli altri, lo spazio all’interno della scena è alquanto ridotto, a dimostrazione della distanza sociale che separa chi riceve da chi dona. Una disposizione che mette in risalto l’atto chiave dello scambio del pane e ricorda all’osservatore l’importante valore della carità.

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La croce di Ughetto Lorenzoni

La grande croce processionale è il fulcro di una stanza interamente dedicata alle oreficerie appartenenti al tesoro del Duomo. Difficile non rimanerne affascinati: si tratta di un prezioso manufatto, in lamina d’argento e argento dorato con figure e bracci polilobati fioriti, risultato di una raffinata lavorazione a sbalzo e cesello. La ricchezza della materia, fusa su un’armatura lignea, richiama la preziosità delle trentaquattro reliquie che in origine vi erano custodite.
Ripercorrendone la storia, è possibile viaggiare nel tempo: tutto ha origine nel 1386, data in cui la Croce fu creata dalle abili mani di Ughetto Lorenzoni da Vertova per i canonici del capitolo di Sant’Alessandro. Secondo il disegno del suo primo ideatore, Cristo Crocifisso si trovava in posizione centrale tra la Vergine e San Giovanni, un angelo era posto all’estremità superiore della croce, mentre in quella inferiore era posto Sant’Alessandro a cavallo, nelle vesti di un cavaliere medievale, con alle spalle il paesaggio della città di Bergamo, soggetta al trionfo della fede cristiana. Sul retro invece, la figura gloriosa di Cristo era circondata dai quattro Evangelisti, mentre sul fondo era posta santa Grata con il capo del Santo tra le mani. L’itinerario attraverso i secoli prosegue approdando al 1561, quando la Croce lasciò la basilica alessandrina, che venne distrutta per la costruzione delle mura venete. In tale occasione, a capo di una solenne processione, fu accompagnata attraverso la soglia della cattedrale di San Vincenzo, nuovo luogo di destinazione anche per altri oggetti e paramenti liturgici e, soprattutto, per le sacre reliquie. Tappa fondamentale è il 1616, anno in cui l’aspetto della Croce venne completamente modificato ad opera dell’orefice milanese Carlo Giuli: la complessità del restauro si legava alla volontà di rendere il prezioso oggetto espressione manifesta dell’unificazione dei due capitoli, San Vincenzo e Sant’Alessandro, grazie a cui entrambi convergono ora sotto l’egida del Santo soldato, posto al centro del verso. Un Cristo più recente, recuperato da una croce del capitolo di san Vincenzo, ne decora il recto. Dei Santi Rustico, Fermo, Procolo, Carlo, Narno, Viatore, Giacomo, Giovanni, Proiettizio ed Esteria, purtroppo oggi ne permangono soltanto tre, a causa della confisca degli argenti avvenuta su ordine di Napoleone nel 1797. Altra odierna mancanza concerne gli Evangelisti, sostituiti nel XIX secolo con teste d’angelo d’ignoto, successivamente rimosse. Nonostante i continui stravolgimenti, il prezioso manufatto mantiene il suo fascino artistico e devozionale, rimasto vivo e intatto fino ai giorni nostri: nei giorni delle feste più importanti questo significativo oggetto liturgico viene prelevato dal Museo per essere collocato sull’altare della Cattedrale, per il culto dei fedeli devoti.

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Il Piviale di San Vincenzo

Un’intensa luce dorata emana dal piviale di San Vincenzo che, realizzato agli inizi del secolo XVI, rappresenta il paramento più antico tra quelli custoditi presso il museo Adriano Bernareggi. Il colore oro del tessuto è indice di una stoffa particolarmente pregiata, dove ricami in oro filato si alternano a sete policrome. Un motivo a maglie ogivali si sviluppa secondo un andamento a teorie orizzontali sfalsate che compongono un fiore di cardo. Insieme a questo, un altro elemento simbolico floreale è presente: il disegno a melagrana ripreso nei tessuti sacri di periodo rinascimentale dal Medio Oriente da cui trae origine, porta con sé il significato di immortalità e fertilità, attraversando culture e tradizioni distinte. Sullo stolone sono rappresentati diversi Santi, scanditi da una teoria di riquadri con all’interno edicole trabeate sostenute da colonne scanalate, mentre la posizione centrale è occupata dalla figura di Cristo benedicente. Si riconoscono San Vincenzo, giovane diacono di origine spagnola, e Sant’Alessandro, soldato a cavallo, con la sua armatura ed il vessillo gigliato. Il capino, antenato dell’odierno cappuccio, è decorato dal ricamo che rappresenta l’”Adorazione dei Magi”. Un tripudio di sfarzo e luminosità, testimonianza della storia di fede e generosità di questo territorio.

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Contatti

Indirizzo

Antica Cattedrale: Piazza Duomo – Bergamo
Uffici: Fondazione Adriano Bernareggi, Via San Salvatore, 3 – Bergamo

Info e prenotazioni

Orario di apertura:
Lunedì, mercoledì e giovedì dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18
Venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18

Tel. 035 219 893
www.ilbernareggi.it
E-mail: info@fondazionebernareggi.it

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Immergiti nella meraviglia di una lunga storia di arte e di fede.
Visita i Musei della Fondazione Adriano Bernareggi dove bellezza e spiritualità si incontrano.

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